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La dimenticanza dello scoiattolo

Con Antonio Catalano e Patrizia Camatel
Testo e regia di Antonio Catalano
Produzione: casa degli alfieri
universi sensibili / ARTEPO (ARchivio TEatralità POpolare)
realizzato nell'ambito del progetto Interreg Alcotra 2014-2020 VA Italia – Francia n. 1806 PLUF!

 

Era un paese dove non squillava più il telefono. Dove d’inverno tutto ghiacciava. Dove nascevano sempre meno bambini. Un paese con una piccola scuola, una sola classe e una sola maestra, la dolce Chicca. Un paese con la casa di riposo “Clotilde da Barcellona” condotta dalla buona suor Virginia, in cui gli anziani passavano le giornate a guardare la tv senza sentirla, a dormire e pregare, a non ricevere più visite da nessuno. E tra questi anziani c’era Alfonso il Matto, che ogni mattina aiutava lo scuolabus a far manovra sulla piccola piazza della scuola, e i bambini lo salutavano e gli volevano bene… ma una mattina il Matto non c’è.
È andato sulla grande montagna che sorge al di sopra del paese, che gli abitanti nemmeno più guardano, perché non sanno più alzare gli occhi al cielo, o non ne hanno voglia. E quando il Matto ritorna in paese è sconvolto, dice di aver parlato con gli spiriti, e che gli spiriti vogliono di nuovo parlare con gli uomini, far pace con loro perché altrimenti moriranno di malinconia, di abbandono, lassù sulla montagna...

Questa è una storia in cui tutti rischiano di morire a causa della dimenticanza, della noncuranza: gli anziani, gli spiriti, il Matto, il paese intero. Solo gli Spiriti della Montagna possono cambiare le cose, ma nessuno ha voglia di ascoltarli, a parte il Matto… o forse no? Forse quei dieci bambini con la maestra Chicca sanno ancora trovare un linguaggio nuovo per parlare agli spiriti? O forse sono proprio gli anziani della casa di riposo che si metteranno, gambe in spalla, a cercare gli spiriti che popolavano il loro passato, e che avevano insegnato loro a fare le conserve e a leggere le nuvole?Ascoltare gli Spiriti della Montagna, la sapienza degli antenati e le vecchie storie, serve per ritrovare se stessi e gli altri intorno a noi. Anche quando le storie sembrano smarrite nel bosco, sotto la neve, o nella dimenticanza di cui soffrono gli anziani…ma per fortuna, la loro malattia è la dimenticanza dello scoiattolo: che sotterra le ghiande per far scorta di cibo per l’inverno, ma spesso si dimentica dove le ha nascoste, e così le ghiande diventano seme, poi germoglio, poi bosco di querce…

Sul progetto

Questo spettacolo, in forma intima di "narrazione per meravigliati", bambini e adulti, interseca i percorsi degli “Universi Sensibili” di Antonio Catalano e dell’Archivio della Teatralità Popolare di Luciano Nattino, con particolare riguardo alla ricerca “Dei Selvatici”, sulle figure tradizionali carnevalesche, e le feste popolari raccolte ne “Il Teatro della Vita”, nonché le video interviste realizzate nell’ambito de “Il banco delle memorie” (in particolare per il racconto degli orsi carnevaleschi sul territorio astigiano, cuneese e aostano).

Del tutto particolare la genesi della drammaturgia. Il racconto originale di Antonio Catalano è stato inizialmente presentato dalle attrici Patrizia Camatel e Giulia Marchiaro in forma di lettura drammatizzata, durante un ciclo di incontri avvenuti presso Scuole Primarie e Case di Riposo situate nei Comuni delle Valli Varaita e Stura, nell'ambito del progetto PLUF!, destinato a creare una proposta ludica e turistica a misura di bambini e famiglie.  Al racconto seguivano attività di laboratorio creativo per i bambini e di dialogo con gli anziani per stimolare ricordi di antichi racconti e tradizioni. Numerosi spunti ricevuti dai partecipanti sono entrati poi a far parte della messa in scena finale (parole, gesti, espressioni...), che nei mesi successivi è stata rappresentata negli stessi Comuni. Una restituzione scenica di un lavoro autenticamente collettivo.
E qui si estrinseca il rapporto fra tradizione e innovazione.
Il teatro diviene “veicolo di qualcos’altro, esperienza in cui racconto e rito convivono, opera transitoria che non si fissa se non per frammenti, ma che crea, nella relazione e nell’incontro, il coro, la comunità. Un teatro che non fornisce soluzioni, che non serve idee, ma che si dà come vita intensa, concentrata in un breve spazio e periodo, e che propone una propria visione per un mondo modificabile. Allo spettatore il compito di decidere, di interpretare. Il passato e il futuro, la tradizione e l’innovazione sono due sponde di un fiume.” (Luciano Nattino)
Ai traghettatori-teatranti il compito di unire le due le rive.
Del resto la narrazione è una forma di intrattenimento tradizionale, antichissimo: qui oggi si continua con la narrazione di una storia “nuova” (il materiale grezzo offerto ai destinatari come proposta di ricerca, rielaborazione e lavoro creativo) che coniuga al suo interno storie raccolte da testimoni anziani e nuove storie inventate dai bambini, protagonisti della creazione di una "nuova mitologia della montagna".

Foto di Irene Conte

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